Bayer-Monsanto: uno sposalizio che mette a rischio la biodiversità

Quattro mesi di trattative e 66 miliardi di dollari in contanti. Il 14 settembre il gruppo chimico-farmaceutico tedesco Bayer ha acquistato la multinazionale statunitense di biotecnologie agrarie Monsanto. Dopo una prima offerta rifiutata di 122 dollari ad azione, l’azienda europea si è aggiudicata il colosso americano per 128 dollari ad azione, per un totale di 57 miliardi che, insieme al valore del debito di Monsanto, portano il costo complessivo dell’operazione a 66 miliardi. Un accordo che secondo Coldiretti è stato spinto anche dal crollo del 18% della vendita delle semine Ogm, dovuto alla diffidenza nei confronti di una tecnologia “che non rispetta le promesse miracolistiche”.

Un focus sulle aziende: di chi stiamo parlando

Nata nel 1901 in Missouri, la Monsanto è particolarmente nota per la produzione di sementi transgeniche, in altre parole gli Ogm. Un gigante del settore agricolo con un fatturato annuo che si aggira intorno ai 15 miliardi di dollari. Tra i suoi prodotti più discussi troviamo il Roundup, erbicida non selettivo a base di glifosato studiato per uccidere in maniera indiscriminata quasi qualsiasi pianta, eccetto quelle sviluppate ad hoc in laboratorio dalla stessa azienda, le cosiddette Roundup-Ready. Molte le cause intentate contro la multinazionale, tra le più note quella che nel 2004 la vide sotto accusa per essere stata uno dei produttori dell’Agente Orange, defogliante tossico tristemente noto per essere stato utilizzato nella guerra in Vietnam e che ancora oggi, a distanza di anni, provoca gravi danni e malformazioni alle popolazioni locali. Bayer, fondata in Germania nel 1863 e nota come la multinazionale dell’aspirina, è invece una delle principali aziende farmaceutiche a livello mondiale e conta più di 112mila dipendenti con un fatturato annuo che si aggira intorno ai 46 miliardi di dollari.

Perché l’accordo sta destando preoccupazioni su più fronti

Bayer-Monsanto sarà il più grande amministratore al mondo di semi e fitofarmaci, con la gestione del 24% del mercato dei pesticidi e il 29% del mercato delle sementi, restringendo a tre il numero dei grandi colossi mondiali del settore. Insieme a Du Pont-Dow Chemical e Syngenta- ChemChina, la nuova azienda controllerà il mercato del settore agrochimico, concentrando di fatto l’agricoltura mondiale nelle mani di poche aziende. Le preoccupazioni maggiori arrivano dagli agricoltori che temono che con questa fusione si crei una posizione di monopolio e quindi un aumento dei prezzi dei prodotti destinati all’agricoltura.

Un altro possibile effetto, come spiega in un post Giordano Masini, imprenditore agricolo e caporedattore di Strade, è una maggiore apertura del mercato europeo agli Ogm. Ad oggi l’unica coltivazione autorizzata in Europa è quella della semente Mon 810, mais geneticamente modificato coltivato in 5 stati membri (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania). Con questo accordo però, le aziende che fino ad ora si erano opposte alla coltivazione di semi Ogm provenienti in gran parte da Monsanto, per il timore che potessero abbassare le vendite dei pesticidi – Bayer in primis – potrebbero quindi ripensarci.

Il dibattito sugli Ogm e i possibili rischi per la biodiversità

Non si può affermare che gli Ogm siano nocivi in quanto tali, ma è piuttosto il sistema che li circonda che è potenzialmente dannoso. Dati alla mano, non esistono ancora studi che comprovino la nocività sull’uomo e sull’ambiente degli organismi Ogm, anche se non si può negare che i metodi utilizzati per questo tipo di coltivazioni possano minacciare la biodiversità. In primis per la creazione in laboratorio di un numero limitato di specie da immettere sul mercato, che vanno a sostituire la ricchissima varietà presente in natura. In secondo luogo per l’utilizzo del Roundup e di altri prodotti simili che consentono la crescita solo degli organismi creati per resistergli, uccidendo tutti gli altri tipi e compromettendo nel lungo periodo la fertilità del suolo. “Il problema della perdita di biodiversità riguarda l’agricoltura intensiva – ha dichiarato l’azienda statunitense -, indipendentemente dal fatto che la selezione della pianta da coltivare sia stata fatta con metodi tradizionali o con metodi di ingegneria genetica”. Un’affermazione vera ma discutibile, in particolare alla luce del fatto che è la multinazionale stessa ad alimentare i metodi di agricoltura intensiva, producendo sementi destinate esclusivamente a quel tipo di mercato.

Ogm si o no?

L’accordo Bayer-Monsanto sarà indubbiamente gravido di conseguenze su più fronti. Ciò che però preoccupa di più, forse prima ancora delle future conseguenze ambientali, è il controllo del mondo della ricerca. Di fatto quest’ultimo è controllato per gran parte ormai da fondi privati e quindi multinazionali, che possono permettersi di commissionare ricerche ad hoc su argomenti scelti da loro. Pensiamo che solo fino a qualche decennio fa le ricerche sul fumo di sigaretta venivano finanziate proprio dalle case produttrici per dimostrare che “il fumo non faceva male” spingendosi in alcuni casi estremi a dire che fosse addirittura salutare. Chi ci assicura che non verrà fatta la stessa cosa con gli Ogm?

Milena Rettondini

Foto: Marketwatch.com