E’ probabilmente a causa della particolare e privilegiata posizione geografica che la Sicilia occupa ovvero nel cuore del Mar Mediterraneo, a poche miglia dalle coste africane e al confine sud più estremo del continente europeo  che l’isola più grande del mediterraneo è da sempre stata culla dello sviluppo di svariati endemismi e di una biodiversità che si piazza tra le prime nella classifica europea per varietà e particolarità. Oggi più che mai questa terra assediata dall’emergenza idrica e dai grandi incendi dolosi di piccoli criminali di bassa lega, la stessa terra memore di un martirio già subito nelle decennali tempeste d’abusivismo costiero ed urbano e sfiancata dal volontario dormiveglia delle pubbliche amministrazioni si fa scenario di una triste realtà in cui  le numerose specie endemiche presenti sono minacciate e sempre più costrette ad un adattamento che presto e spesso si trasforma in fuga e disperazione e poi in estinzione. Ma nel caldo che avanza intrepido nei primi mesi estivi, gonfiandosi poi ed esplodendo nell’afoso e torrido Agosto, alcuni uomini e donne (tanti, in realtà, ma mai abbastanza) dotati di gran coraggio e determinazione, sudano in un’eterna attesa ed osservazione del cielo e della roccia. Il loro obbiettivo è quello di vigilare su tre particolari specie di rapaci presenti sul territorio siculo e considerate ad alto rischio d’estinzione dato il bassissimo numero di esemplari ancora liberi sul territorio nazionale ed oltre. Abbiamo deciso di intervistare uno di questi paladini della biodiversità per capire un poco meglio il loro lavoro, l’innegabile ed intrinseco valore che rappresenta ma anche le numerose difficoltà ed ostacoli da affrontare. In particolare il progetto sopracitato si chiama Life ConRasi ed è oggi giunto all’ultima fase della sua attuazione. Ma prima di accompagnare il lettore in questa breve intervista è con tutta la sincerità ed il rispetto che l’amore per la vita può insegnarci che voglio ringraziare le associazioni e tutti i volontari che hanno portato avanti e portano avanti progetti come questo, perché è proprio grazie a loro che i nostri figli e i figli dei nostri figli potranno forse continuare a godersi l’estasiante splendore della nostra terra e non vivere l’ennesima distopia che la nostra generazione è costretta ad immaginare guardandosi attorno e proiettando la realtà verso il futuro. Nella speranza che siano sempre di più coloro che colorano la propria ed altrui vita con azioni di salvaguardia e tutela dell’ambiente e delle specie animali riportiamo di seguito l’intervista integrale a Eduardo Di Trapani, naturalista ed attivista, che ha curato uno dei campi di osservazione realizzati durante il progetto:

Come è nato il progetto Life ConRasi e in cosa consiste?

Il progetto LIFE nasce anche grazie all’azione  intrapresa in precedenza dal Gruppo Tutela Rapaci, un gruppo di volontari, attivisti, ambientalisti, che agisce con il supporto di diverse associazioni  ambientaliste, per la tutela delle aquile di Bonelli e dei lanari in Sicilia. Nel periodo precedente il 2010, durante il monitoraggio condotto da alcuni specialisti e ornitologi su coppie di Aquila di Bonelli, veniva  riscontrata spesso un’alta percentuale di insuccesso e non del tutto chiara, perché, in diversi nidi, veniva osservata la deposizione e la cova e la successiva schiusa delle uova, ma dopo alcune settimane dalla nascita dei pulcini questi puntualmente sparivano. Inizialmente veniva semplicemente registrato l’evento come scomparsa o morte del giovane ma i tecnici iniziavano ad avere dei sospetti che si potesse trattare del prelievo dei pulcini, finché nella pasqua del 2010 uno di questi volontari riuscì a documentare, in una zona del centro Sicilia, dei rocciatori nell’atto di saccheggiare un nido. Da quell’episodio scaturì una forte attività di intelligence da parte del TRAFFIC del WWF e  una relativa denuncia a cui seguirono diverse operazioni di polizia condotte dal Corpo forestale dello Stato e della Regione Sicilia con sequestri di animali e diversi rinvii a giudizio e condanne. Da quel momento si è preso atto che questo traffico che era stato intercettato era un problema reale e concreto: esistono infatti diversi criminali che girano per la Sicilia e vanno depredando i nidi di Aquila di Bonelli e di Lanario. Un discorso a parte è il Capovaccaio, una specie che è stata messa in ginocchio per lo più per fattori legati alla modifica degli habitat e ai profondi cambiamenti avvenuti nella pastorizia. Lanario e Aquila di Bonelli, sono due specie che hanno in Sicilia le popolazioni più importanti nel contesto nazionale, in particolare l’Aquila di Bonelli si riproduce esclusivamente nell’isola. Attualmente se ne stimano circa 40 coppie ma quando iniziarono le attività del GTR se ne conoscevano circa 25 coppie. Da quel momento ci si è mossi per promuovere un azione tramite lo strumento del LIFE, una tipologia di progetto finanziata dall’unione europea il cui iter ha trovato l’approvazione nel 2016, con il partenariato del WWF Italia, del GREFA (un ente spagnolo) e alcuni dipartimenti della Regione Sicilia, che ha permesso di avviare azioni molto più sofisticate e dunque più costose e ad ampio spettro. A questo proposito vorrei rivolgere un pensiero a Massimiliano Rocco, scomparso prematuramente, senza la cui generosità e abnegazione molti di questi risultati non si sarebbero potuti ottenere.  Si consideri che fino al 2016 il Gruppo Tutela Rapaci gestiva tutti i campi e faceva i monitoraggi in autonomia, esclusivamente con il contributo prezioso di alcune associazioni ambientaliste (la LIPU, EBN Italia, il CABS, MAN, Silene, la fondazione tedesca SPA e il FIR belga) ma spesso anche a spese degli stessi volontari. Grazie al LIFE ConRaSi (questo il nome del progetto, che sta per Conservazione Rapaci Siciliani), che ha una dotazione finanziaria di respiro molto più corposo si è riusciti a intraprendere un percorso molto più ampio che comprende sia  i campi di sorveglianza che altri tipi di azioni, condotte in stretta collaborazione don il GTR. Inoltre molti tecnici del GTR stanno operando all’interno del Progetto LIFE come tecnici.

Che durata ha il progetto?

Il progetto Life ha ufficialmente una durata di tre anni, poi può subire delle proroghe per motivi contingenti legati a problematiche che si sono avute nella gestione del progetto, chiaramente devono essere problemi che giustificano una proroga. E il progetto LIFE deve garantire anche una sorta di “post” LIFE, cioè azioni che verranno intraprese o continuate anche dopo la chiusura ufficiale del progetto e che nello specifico spettano agli enti partner del progetto, alla Regione Sicilia, all’Assessorato Territorio e Ambiente e all’Azienda Foreste Demaniali.

Dunque oltre alla fase di monitoraggio del nido fino alla piena autonomia dei nuovi nati che altre fasi prevede il progetto nello specifico?

Allora, il progetto LIFE è molto complesso: in primis questa parte legata alla tutela e all’incolumità fisica dei pulcini, che serve principalmente a proteggere i nidi dal furto, e durante la quale si eseguono proprio dei campi di sorveglianza che durano dalla fase della deposizione (poiché a volte è stato anche verificato il  furto delle uova)  sino all’involo, ovvero il momento in cui l’aquilotto ha guadagnato definitivamente la libertà. Si consideri che dalla schiusa all’involo sono circa 60 -70 giorni, con una certa plasticità; infatti quest’anno una coppia ha portato all’involo due aquilotti al 78esimo giorno di allevamento;  inoltre il periodo di cova è di circa 45 giorni.

Ma oltre a questa fase di monitoraggio e tutela il progetto mira a conoscere la biologia delle aquile in Sicilia. In Europa la più importante popolazione si trova in Spagna, cioè circa un migliaio di coppie, lì già da tanti anni c’è un associazione, il GREFA, che è partner del progetto, che in ambito scientifico ha portato avanti delle ricerche molto approfonditamente, e poiché lì lo studio della specie tramite il sistema di monitoraggio satellitare è molto più sviluppato, hanno potuto notare che nei primi due anni di vita gli aquilotti fanno dei giri immensi, volando per tutta la Spagna e in alcuni casi oltrepassando lo stretto di Gibilterra e vanno in Africa; di certo la situazione siciliana è particolare perché la popolazione è insulare e probabilmente questi giovani di aquila di Bonelli non si spostano così tanto, anche se sono stati osservati, negli anni, alcuni giovani che superano lo stretto di Messina e si recano in Calabria e spesso tornano indietro, ma ad ogni modo gli avvistamenti fuori dalla Sicilia sono rarissimi.

Questo da cosa deriva?

Probabilmente, ma è solo una mia supposizione, la Calabria costituisce una sorta di barriera ecologica. Infatti l’aquila di Bonelli è una specie che predilige spazi aperti, pascoli, colture cerealicole, steppe nonché ambienti mediamente aridi e aperti e pareti rocciose, la Calabria invece è molto boscosa (tutta la zona appenninica e la Sila) ed è particolarmente montuosa, ma l’aquila di Bonelli ricordiamo che tra le altre cose preferisce i rilievi bassi, diciamo dai 100 metri di quota fino a 800-1000 metri e non di più, per cui questo potrebbe essere un grande limite; Inoltre la ricchezza di prede dell’area calabrese è di certo inferiore alla Sicilia: basti pensare che in Calabria non esiste il coniglio selvatico, una delle prede più importanti dell’aquila di Bonelli. In seno al  progetto abbiamo già 9 aquilotti cui sono stati applicati dei trasmettitori GSM/GPS e che si sono involati tra maggio e giugno, dunque ancora vicini alle zone di nidificazione, ed ancora apprendono dai genitori le tecniche del volo e della caccia; se tutto andrà bene, quando inizieranno la dispersione, cioè quando andranno via dal territorio in cui sono nati , sapremo se esistono delle zone “preferenziali” interne all’isola e comunque le aree che frequenteranno.

Torniamo agli altri obbiettivi del progetto…

Un’altra cosa che il LIFE ConRaSi si prefigge è aumentare la presenza di prede: una delle prede preferite dall’aquila è il coniglio, ed in questo momento i conigli in Sicilia stanno vivendo una crisi profonda, decimati da  mixomatosi e virosi emorragica, che hanno causato una forte rarefazione della popolazione di conigli, ed il Life prevede dunque la creazione di conigliere in aree strategiche, ossia di recinti in cui saranno inseriti conigli di ceppo selvatico che verranno poi rilasciati in natura per aumentare la popolazione già presente e quindi favorirne un aumento di densità di cui di certo gioverà l’aquila di Bonelli.

Non vi può essere un rischio di sovraffollamento del coniglio?

Si tenga presente che in Sicilia il coniglio è stato probabilmente introdotto dai Romani e da allora è sempre stato presente in grandi numeri. Il problema può verificarsi in zone fortemente antropizzate come le colture intensive perché in quelle zone l’aquila non caccia. Ma aldilà di casi come questo il coniglio è un elemento della rete trofica degli ecosistemi in cui vive, e come tale le sue popolazioni sono regolate anche dalla presenza di predatori. Altra specie preda dell’Aquila di Bonelli è la Coturnice, anzi la sottospecie endemica siciliana, la Coturnice di Sicilia, questa invece è in fortissima diminuzione a causa di problematiche legate alla scomparsa dell’habitat, agli incendi,  ma anche ad errate pratiche di reintroduzione come quella del cinghiale che si nutre anche di uova di Coturnice, la quale nidifica a terra. La coturnice è anche fortemente minacciata dalla caccia.

Voi durante il vostro monitoraggio vi siete imbattuti in tentativi di furto?

No, fortunatamente no. Questo è il primo anno dal 2010 in cui non c’è stato alcun furto dai nidi monitorati o controllati dal LIFE ConRaSi e dal GTR. Quindi almeno questa prima fase del progetto è stata un successo. Ovviamente la presenza stessa dei volontari rappresenta un deterrente per i falco-bracconieri. E’ capitato di noti falconieri con alle spalle situazioni poco chiare che si sono avvicinati a parlare con gli attivisti, ma oltre a fare un po’ i gradassi non hanno fatto nulla. Ricordiamo che altro strumento forte di supporto sono le foto-trappole, utili ad identificare pure eventuali  malintenzionati. Queste apparecchiature sono distribuite vicino ad i nidi e lungo le vie di accesso alla parete  in maniera così irregolare da non essere facilmente individuabili o disinnescabili. Le foto-trappole del LIFE sono collegate tramite SIM ad una casella e-mail e il materiale viene mandato in tempo reale alle caselle mail di alcuni addetti alla videosorveglianza così da ricevere le informazioni in praticamente in diretta.

Esiste un tentativo da parte delle istituzioni di arginare il problema dei trafficanti andando ad agire direttamente sul commercio nero?

Coloro che sono impegnati nella tutela dei rapaci siciliani, che siano del LIFE ConRaSi o del GTR, collaborano con i Carabinieri Forestali e con il Corpo Forestale della Regione Sicilia e in questi anni si è arrivati a numerosi sequestri. Le forze dell’ordine ci stanno aiutando, chiaramente non tutti i dipartimenti o gli uffici o i commissariati collaborano alla stessa maniera, con alcuni abbiamo rapporti privilegiati perché sappiamo esserci persone sensibili alla problematica e che anzi desiderano il nostro aiuto e supporto. Nel 2013 è avvenuto il sequestro di due aquilotti ad Alessandria. In pratica gli aquilotti erano stati rubati da un nido in provincia di Agrigento, pulcini di 40-50 giorni e dunque molto vicini all’involo, e portati in treno fino in Piemonte. Uno purtroppo è stato trovato morto, l’altro invece ancora vivo è stato liberato nel sito di nascita e lì è stato riconosciuto e riaccolto dai genitori.

Come mai questo tipo di attività presenti nel progetto sono affidate ad associazioni, cooperative o volontari? Non esistono organi creati apposta per questo tipo di lavoro?

Purtroppo in Sicilia, ma in Italia generale, l’attenzione verso l’ambiente, la tutela e la ricerca, anche se sono discorsi retorici è cosi, è tralasciata, relegata in secondo piano o oltre. Ora la Regione con il progetto LIFE sta facendo un buon lavoro e dando anche la possibilità a molte persone valide di lavorare, ma dopodiché? Proprio perché noi siciliani abbiamo questa fortuna immeritata di ospitare specie così rare nel resto di Italia, ad esempio il Capovaccaio di cui la Sicilia ospita 7 coppie su 9 totali sul territorio nazionale, dovrebbe esserci un ente addetto alla biodiversità in Sicilia che davvero faccia un lavoro di tutela ma soprattutto di ricerca. Tuttavia l’azione del GTR che ha avuto ben sei anni di continuità, che hanno avuto anche il pregio di creare una rete di informazione tra associazioni ma anche singole persone (io ad esempio faccio la guida naturalistica e quando posso racconto della sorveglianza ai nidi e invito alla riflessione chi partecipa, evidenziando rischi e lavori in atto per la tutela) è stato molto importante. Questi sono semi che aiutano a diffondere la consapevolezza e la sensibilità. Con il progetto LIFE teoricamente queste cose dovrebbero essere ancora più diffuse, poiché se la percezione dell’opinione pubblica è nulla, se non esiste una cultura ambientale, se non ci appassioniamo, non studiamo, non ci innamoriamo delle scienze naturali e delle nostre bellezze, allora non vi sarà una difesa spontanea del territorio da parte della popolazione. Se veramente si dovesse fare tutela seria dell’ambiente in Sicilia in realtà significherebbe applicare certe regole in maniera rigida, far cominciare a lavorare davvero alcune persone, e licenziarne inevitabilmente altre. Giusto per fare un esempio: una volta mi è capitato di parlare con un presidente di un area protetta al quale volevamo proporre un progetto sul Capovaccaio, e lui non sapeva neanche cosa fosse il capovaccaio, ripeto: presidente di un area protetta siciliana. Puoi mettere ingegneri ed architetti preparatissimi a capo delle riserve e dei parchi, ma rimangono ingegneri ed architetti, con le loro ottime competenze assolutamente inutili nella gestione e nella tutela della biodiversità di un’area. 

All’interno del progetto c’è anche l’obbiettivo di coinvolgere la popolazione direttamente?

Si, il progetto Life prevede una parte di restituzione al territorio e sensibilizzazione, ci sono infatti in previsione diversi incontri con delle scuole  proprio presso quei comuni nelle cui vicinanze si sa che risiedono questi volatili, per far conoscere le specie ai ragazzi. I siti di nidificazione non sono divulgabili, ma sarebbe bello se un giorno le scuole di tutti i comuni dove nidificano i rapaci possano in qualche modo adottare questi uccelli e farsi garanti della loro tutela.  Se si crea un legame, la protezione verrebbe spontanea e sarebbe ancora più efficace di quella che facciamo noi.

Un’ultima domanda, chi vuole collaborare con voi, cosa deve fare?

Può contattare o il sito del LIFE tramite la sezione contatti, o il sito del GTR. Pur essendo un’attività molto statica e apparentemente trattandosi di trascorrere intere giornate a diverse centinaia di metri dal nido, spesso molti volontari degli anni passati sono tornati. E se sei un amante della natura è sicuramente un esperienza che può dare veramente tanto.

Intervista a cura di Ariele Pitruzzella